Il processo di ammodernamento del nostro sistema amministrativo è stato un processo lungo e complesso iniziato nel 1990, proseguito nel 1993, con l’introduzione del principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico e gestione amministrativa, culminato nel 1993 con l’elezione diretta del sindaco, e poi con le varie leggi “Bassanini”, di delega di funzioni agli enti locali. I principi cosi stabiliti sono stati poi costituzionalizzati con la riforma del titolo V del 2001.
L’urgenza di una riforma radicale nasceva dalla necessità di ridurre la spesa pubblica ma anche dalla convinzione che il Paese non avrebbe potuto affrontare le sfide del nuovo secolo senza un sistema istituzionale e amministrativo più moderno, efficiente e performante.
Ovviamente, le tematiche sono numerose e complesse ma a circa 30 anni di distanza ci sembra utile avviare una riflessione in particolare sul ruolo del Consiglio comunale e sul tema della separazione tra funzioni di indirizzo politico e funzioni di gestione amministrativa.
In base allo statuto del comune “Il Consiglio determina l’indirizzo politico-amministrativo del Comune, ne controlla l’attuazione.” Il Sindaco, tra le altre funzioni: “nomina i componenti della Giunta e ne dà comunicazione al Consiglio. Nel momento in cui al Sindaco si attribuisce la nomina degli assessori, con il solo obbligo di comunicarlo al Consiglio, si determina uno iato tra l’organo di rappresentanza di tutti i cittadini e chi è incaricato di tradurre i programmi in linee e atti amministrativi. L’ assessore cessa così di essere un “politico” responsabile della traduzione in concreto degli indirizzi politici indicati dal consiglio ma un “tecnico” vincolato al rapporto fiduciario con il sindaco. Se a questo si aggiunge che al Sindaco è attribuita la nomina dei responsabili degli uffici e la definizione gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna, i poteri del sindaco appaiono sovraordinati in maniera assoluta. Il senso di tutte queste norme intendeva rispondere ad una esigenza di governabilità e di stabilità ma ciò ha prodotto un problema, altrettanto se non più grave, di rappresentatività, di consenso e di fiducia nelle istituzioni. La discussione, la rappresentazione dei vari interessi, la scelta trasparente, la ricerca del consenso, è un esercizio faticoso ma più rispettoso dei cittadini, delle loro scelte rappresentative.
Una delle principali criticità riscontrate nella legge Bassanini bis è che la nomina e la revoca dei dirigenti da parte del governo politico abbiano aumentato il grado di politicizzazione della burocrazia. Si è inoltre esasperato la delega di potere decisionale nelle mani spesso di un solo soggetto monocratico (dirigente o funzionario).
A noi appare necessario avviare una riflessione seria a tutti i livelli al fine di:
- Ristabilire un riequilibrio di poteri: tra sindaco, giunta e consiglio comunale per riportare decisioni importanti per la città nell’organo rappresentativo di tutti i cittadini (maggioranza e minoranza): il Consiglio comunale.
- Ristabilire un rapporto istituzionale tra giunta e consiglio nella nomina della giunta, limitando la presenza degli assessori esterni, non eletti, a pochi casi specifici.
- Riaffermare un ruolo della burocrazia come vincolata ad agire senza distinzione di parti politiche al fine del perseguimento delle finalità pubbliche.
- Limitare il sistema dello spoil system agli organi di diretta collaborazione ed a rari casi di necessità garantendo comunque competenze ed esperienze.
Maria Luisa Sangiorgio